Il social personal branding corrisponde a quello che raccontiamo, scriviamo e diffondiamo sui social network e, più in generale, attraverso la nostra presenza online. Esso ci permette di posizionarci nella sfera digitale: ma, come nella vita di tutti i giorni, è indispensabile distinguere tra il modo in cui ci vediamo noi e il modo in cui ci vedono - e cioè ci leggono - gli altri. Che cosa si può fare, allora, per mettere a punto una efficace e soddisfacente strategia di social personal branding?
Come sempre, il primo step consiste nel delineare gli obiettivi che ci si propone di conseguire: una volta che questi sono stati definiti, è più facile scegliere i canali che dovranno essere utilizzati a questo scopo, capire quali azioni dovranno essere messe in pratica e, ovviamente, identificare l'audience di destinazione. La cura dei dettagli è molto importante: nessun particolare può essere lasciato al caso, e un semplice emoji inserito in un post può avere un effetto terribilmente positivo o terribilmente negativo a seconda delle reazioni che potrà suscitare.
Per capire quali canali utilizzare, non si può fare a meno di presidiare con attenzione gli ambienti online giusti: così diventa più semplice valorizzare e raccontare la propria identità. Non è superfluo sottolineare che chi predilige la scrittura dovrebbe puntare su un blog o su Facebook, mentre Pinterest e Instagram sono consigliati a chi punta sull'elemento visivo, per esempio. I canali che si frequentano, inoltre, non possono mai essere trascurati, ma devono essere sempre tenuti sotto controllo: ciò permette di non perdersi alcuna interazione e di non lasciarsi sfuggire alcuna comunicazione. Sul web, per altro, si possono trovare numerosi tool che possono dare una mano in tal senso, magari per analizzare quel che si pubblica, oppure per rendere le proprie attività più efficienti.
Per sfruttare il social personal branding, dobbiamo essere consapevoli di cosa dice Google a proposito di noi: ciò è indispensabile anche per garantire una certa coerenza tra i differenti canali. Essere consapevoli della visibilità delle foto e dei post su Facebook, conoscere i link tra un social e un altro, capire chi ci segue e perché lo fa: sono tutte azioni necessarie per comprendere se la nostra identità viene narrata e colta come desideriamo. Tutte le nostre azioni pubbliche parlano, nel senso che raccontano qualcosa di noi: è sempre bene non dimenticarsene.
La reputazione di chi è presente sul web è determinata anche dalla qualità di quel che viene pubblicato: il riferimento non è solo ai contenuti testuali, ma - ormai - soprattutto alleimmagini. Bisogna imparare a decidere in che modo si vuole apparire e quale ruolo si intende ricoprire in Rete. Mettere in mostra le ormai celebri soft skill, per esempio, è una consuetudine piuttosto consolidata: ma tutto sta nel decidere se ci si vuole esporre dal punto di vista personale o dal punto di vista professionale. In questo scenario, non bisogna dimenticare di essere sintetici e incisivi, partendo dalla constatazione che online i tempi di lettura sono molto più contenuti rispetto a quelli offline.
La vita reale e la vita digitale non si trovano in compartimenti stagni, ma devono interagire l'una con l'altra: la nostra identità è una sorta di puzzle, in cui le tessere analogiche e quelle virtuali si devono incastrare alla perfezione. Vale la pena di ricordare, poi, che anche le persone che si frequentano sono decisive nel contribuire alla definizione di un racconto di social personal branding. Mostrando la propria dimensione personale si può essere certi di attirare gli sconosciuti: è come se quel che non viene raccontato non esistesse o non fosse mai avvenuto.
